Già, qual era il gioco che facevo più spesso da ragazzo? E come spiegarlo?
Quando ero ragazzo, la vita aveva ancora spazi e tempi molto dilatati, parlo della seconda metà anni '60. Avevamo molto tempo, dopo la scuola e i compiti, finito di pranzare, dalle 15 alle 18,30 si poteva scendere in cortile con i coetanei.
Non si programmava nulla, potevamo fare quello che più ci entusiasmava.
La televisione era ancora discreta e iniziava con la "TV dei ragazzi", in quel periodo Rintintin andava alla grande e cominciava a influenzare menti ingenue, ma noi eravamo lontani da certe preoccupazioni.
Emulavamo le avventure dei soldati americani alla conquista degli Indiani d'America, ispirati dal cane intelligente.
Le armi erano costruite con materiale di riciclo, pezzi di legno dalle cassette della frutta ed elastici realizzati da anelli di gomma di bicicletta, intrecciati. Le forcelle per le fionde erano scelte accuratamente e deformate se necessario piegandole e indurendole con la fiamma.
Cominciarono poi a comparire le cerbottane di plastica e in pochi anni soppiantarono quelle artigianali, ma quando la stagione lo permetteva, il campo di gioco diventava più ampio e per prati e boschi ci si rincorreva tendendoci agguati e studiando strategie per impossessarsi dei cespugli per i proiettili, le bacche della rosa camuna, chiamati in dialetto "gratacùi", potete immaginare perché.
Mentre scrivo, guardo i gattini in giardino che giocano tra loro imparando a crescere, senza nessuno che dice loro cosa fare e quando, pensando che per certi versi anche noi facevamo lo stesso e noto che le mie ragazze, ormai maggiorenni, sono cresciute in un’ambientazione totalmente diversa.
I loro ricordi saranno diversi, sicuramente belli come i miei.