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Non sono mai stata una bambina socievole.
Gli altri bambini mi hanno sempre preso in giro per mille motivi diversi e uscire di casa, fare cose, vedere gente per me a volte è ancora un problema.
Ma c'era un momento nelle mie giornate in cui avevo il mio spazio infinito e impenetrabile dall'esterno, dove, stando ad occhi chiusi per interi pomeriggi, nulla esisteva se non il vento e i milioni di colori e voci che mi giravano in testa. Se splendeva il sole, diventavo un uccello che cercava di raggiungerlo, se il terreno intorno era coperto di neve, ero una principessa che ballava sui singoli fiocchi senza lasciare traccia del proprio passaggio. Se stava piovendo, ero un pirata che scrutava l'orizzonte in cerca di un porto. Quando mi stancavo, rimanevo a ciondolare, pigra come una foglia sull'albero davanti a me. Mille volte ho fatto merenda, con il pane e le marmellate che faceva mia madre, con la frutta che rubavo dagli alberi, con le tazze di the caldo per scaldarmi le dita. Migliaia di libri sono passati tra le mie mani mentre dondolavo lentamente, nella mia personalissima Narnia a cui si poteva accedere solo stando lì seduti, a dondolare. E alla fine, quando dovevo tornare in casa, non c'era modo migliore di lasciare il mio "giardino segreto" che non con un salto, staccandomi da tutto e godendomi quel breve volo prima di toccare nuovamente terra.