Fronde anticonsumismo
by Leniter, Suh(shi), Kim, Biliardone
quasi 12 anni fa
Pianta un albero davanti ad un cartello pubblicitario.
“Le mirabolanti avventure di Ivo l'ulivo ovvero del come, del quando e del perché da ulivo sono diventato un simbolo di resistenza.”
WARNING: LENITER HA SCRITTO UNO DEI SUOI RACCONTI LUNGHERRIMI AS USUAL.
__________________________________________________________________________
Come stavo bene.
Come stavo bene, ripeto.
Riposavo quieto con gli altri al tiepido sole di un novembre. Un bel riposare.
Sono giovane ma non così tanto, sono vecchio ma mai abbastanza. Quelli più grandi di me dicevano che curato così, sempre ben nutrito, con il sole che accarezza le mie foglie i miei capelli, sarei diventato un vero adulto. Avrei avuto un tronco enorme, centenario, bicentenario.
Sarebbero nati i miei figli e qualcuno li avrebbe raccolti. Mi sarei appesantito ed il vento mi avrebbe scrollato di dosso i guai. La pioggia mi avrebbe lavato via le incertezze, il sole rischiarato i giorni nei quali penso e le radici si fanno più spesse dal troppo pensare.
E' proprio dalle radici che partono i miei pensieri: si espandono lungo la corteccia, dentro di essa, arrivano in alto e si protendono verso il sole.
I miei pensieri sono i rami, parlo con le mie foglie, le mie olive.
Come stavo bene, con gli altri miei compari a vivere la nostra semi eternità e guardare gli umani passeggiarci vicino.
Sono uno screanzato, non ho avuto nemmeno la decenza di presentarmi. Mi chiamo Ivo.
Sono un ulivo.
Sono giovane e pieno di forze, sono bello come un Divo.
Ivo l'ulivo Divo.
Come stavo bene, come stavo, come il mio vaso era piccolo sentivo le radici che pigiavano contro la plastica e mi dicevo sono forte come sono forte le mie radici spaccheranno la plastica e affonderò nella Madre Terra.
Sarò forte sempre più forte.
Sempre più Divo, sempre più ulivo. Sempre lo stesso Ivo.
E poi sono arrivati loro.
Due psicopatici in motorino: una ragazza riccia ed un ragazzo dai capelli scuri. Fratelli?
Gli umani non mi piacciono.
Mi hanno girato attorno. La ragazza mi ha esaminato, mi ha tastato il fusto, guardato le foglie.
Mi sono sentito violato: stronzetta cosa tocchi? non si tocca il Divo.
E poi la sentenza.
"E' lui! Lui andrà bene!"
Il terrore ha fatto scuotere tutte le mie foglie ma loro non se ne accorti. Erano troppo impegnati ad essere emozionati come adolescenti (adolescenti? io quanti anni avrò? 10? 8? Eppure ne so molto più di loro del sole, della vita che scorre. Sono destinato a vedere molto più di quel che vedranno loro).
Mi hanno rapito.
Quei bastardi mi hanno rapito.
Tremo ancora a raccontarvi questa storia, ma credo che sia necessario per voi sapere che cosa questi piccoli stupidi esseri umani mi hanno fatto. Gli altri hanno sempre detto che mi lamento troppo; io sostengo che siano loro a lamentarsi troppo poco.
Mi hanno caricato su una macchina e mi veniva da vomitare tutta la linfa che avevo in corpo. Con me un'altra pianta, Pachira, era sdraiata accanto a me. Lei sembrava felice.
Mi ha sussurrato con il vento (noi parliamo così, voi umani non ve ne accorgete. Ma noi bisbigliamo. Alle volte urliamo, voi pensate sia tempesta).
"Guarda che secondo me sono simpatici."
Non le ho risposto. Ho guardato il sole allontanarsi ed i miei compagni darmi commiato agitando le fronde.
Cosa mi sarebbe successo, non lo sapevo. Siccome sono un ulivo nichilista ho pensato che tanto chi se ne frega. Se devo morire, morirò da eroe.
E non sapevo il destino che mi sarebbe toccato.
Sono stato portato in una bella casa calda e posto in un piccolo balcone. Da lì ho chiacchierato con un grosso glicine e dal vetro potevo vedere Pachira che soffriva il caldo, ma veniva curata con tutto l'amore che la riccia poteva dare.
Si vedeva che questa ragazza riccia ci teneva a noi.
Un giorno mi è venuta vicino, in balcone (io stavo guardando un gatto miagolare davanti alla porta di un loft nel parchetto davanti alla casa della riccia e chiacchierando con i castagni del parco).
Mi è venuta vicino e ha pulito le mie foglie, ha grattato via le sporcizie, ha accarezzato le mie fronde, mi ha parlato con umiltà e testa china. Sembrava che mi volesse bene.
Che strani gli esseri umani. Vogliono più bene a noi piante che non possiamo parlare che ai loro stessi simili, che possono invece obiettare i loro comportamenti.
Noi piante siamo meno semplici di quel che possa sembrare.
Poi, l'incubo. O forse il sogno.
Ne sono arrivati altri, erano in totale 5, ma solo 4 erano veramente impegnato: il ragazzo dai capelli scuri, la riccia, un altro ragazzo, una ragazza dai capelli rossicci e gli occhi blu, alta e magra ed un altro ragazzo dagli occhi chiari. Io li vedo gli occhi degli umani. Loro non vedono i miei.
Hanno incominciato a ritagliare cartoncini, colorare barattoli, ridere, chiaccherare.
Li spiavo dal vetro della finestra e mi chiedevo...ma cosa staranno facendo.
Vedevo fili di spago che si tendevano, piccoli triangoli rossi ritagliati da pezzi di stoffa, colla vedevo sentivo non potevo toccare avrei teso i miei rami ma sapete gli alberi hanno un flusso di coscienza come la linfa non riesco le virgole non so ora sto bene non scrivo io, non scrivo la lingua di voi esseri umani.
Scrive per me la ragazza riccia. Nelle sue vene non più sangue ma linfa purissima, come la mia.
Sono rimasto fermo per un po' di giorni, ho assaporato la quiete.
Ho guardato vicende attraverso la finestra. Ho spiato la ragazza riccia guardare attraverso la finestra e sospirare, l'ho vista ridere, litigare, provarsi vestiti. Leggere, leggere tanto. Scrivere, scrivere cosa?
E poi, ieri notte.
Sono arrivati: ne mancava uno all'appello ma c'erano tutti. I miei presunti aguzzini.
Mi hanno preso di forza e caricato su una macchina, ancora. Accanto a me la ragazza dagli occhi blu mi guardava. Ci sarà un domani? Io cercavo di tendere i miei rami per tirarle i capelli. Ci ho provato, lo giuro, ma niente.
Mi hanno scaricato in un parchetto. Avevano freddo.
Hanno cominciato a scavare con una paletta minuscola. Ma veramente minuscola. E cantavano "ma che bel castello marcondirondirondello."
Sono proprio stupidi questi umani.
Hanno scavato, riso, scavato, riso e ancora scavato. Erano sporchi di terra ma lindi per l'allegria. Alla fine forse mi hanno fatto un bel regalo a portarmi via dalla serra, lo riconosco solo adesso.
Improvvisamente hanno smesso di scavare e mi hanno tirato per il fusto. Non si tira mai il fusto. Lo si massaggia. Ma non lo si tira.
Poi, finalmente, la terra.
Era fredda, ma era terra. Ed era tanta.
Mi hanno coperto con fogli di giornale per tenermi al calduccio: non sono riuscito a leggere il nome, la riccia e la rossa confabulavano su una certa CONGA ma io, questo, non capisco proprio cosa possa essere. Hanno legato ai miei rami le decorazioni e mi sono fatto forza. I pini sono abituati alle palline natalizie, non si lamentano. Noi ulivi siamo più presuntuosi, non siamo mica alberi da festività. Siamo simbolici: eternità, pace, forza, quiete, mediterraneo.
Mi sono sentito una sposa mentre si veste. La linfa mi palpitava dentro come se fosse diventata fuoco puro. Emozione. Anche le piante si emozionano.
Mi sono guardato intorno mentre loro mi saltellavano in cerchio come dei fauni (un ulivo sa cosa sono i fauni. Poi io sono Ivo l'ulivo Divo quindi, ne so più di voi messi insieme.)
Dietro di me, un grosso cartello pubblicitario. Tre tizi sorridenti, qualcosa di comico.
Allora ho capito.
Ho capito il perché di tutto questo.
Mi hanno piantato affinché la bellezza dei miei rami potesse coprire il manifesto della loro stessa civiltà decadente. Sono diventato un Divo veramente. Un inno reale e puro contro qualcosa di artificioso e ridicolo.
Allora ho tirato un sospiro di sollievo e li ho guardati con più affetto.
Le decorazioni oscillavano piano al vento sottile e mi sono sentito più bello che mai.
Mi cureranno, lo so.
Ci tengono a me.
Ai miei rami fragili.
Ora capisco a che cosa servono.
http://www.youtube.com/watch?v=xYdhgPZey6w (La canzone del parco - Baustelle)
50 Voti
200 Punti
(150 + 50 + 0)
Location
Via Carlo Bazzi, 68, 20141 Milano, Italia
lat 45.4376591614985 long 9.18726845930792
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
Io di solito non ho la pazienza di leggere i testi molto lunghi, ma i racconti di Leniter mi piacciono sempre.
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa
quasi 12 anni fa