Questi interscambi europei sono sempre strani.

Il primo giorno è come stare in colonia, non ricordi mai i nomi, nessuno si siede a mangiare con te e ti manca la mamma e di notte suonano sempre troppe sirene là fuori.

Il secondo giorno si è un po' infastiditi da tutte 'ste persone in giro, e i seminari, i workshop e non si ha tempo di farsi un pisolino o di mangiare in pace o di farsi una passeggiata. Si cominciano a pensare a delle vie di fuga, si va a letto tristi.

Il terzo giorno ti svegli, vai a fare colazione e qualcuno ti saluta, ti fa posto al tavolo, ti offre una sigaretta, inizi una conversazione, ridi, la giornata va bene e cominci a credere fermamente di essere nel posto giusto con le persone giuste. E la sera si canta ubriachi in una specie di esperanto distorto.

Il quarto giorno succedono cose incredibili e durante un workshop si produce un video che minimo verrà visualizzato 123450000000000000000 volte su youtube e a pensarlo sono state persone di dieci stati diversi che fino a quattro giorni prima neanche si conoscevano.

Il quinto giorno è tutto oversize. Tutto troppo. C'è troppa energia e hai imparato troppi nomi, bevi troppo e dormi troppo poco e ci sono troppe troppe cose da fare o pensare e così troppo poco tempo.

Il sesto giorno si comincia a percepire che la settimana sta finendo e comincia a salire della malinconia. Si dorme ancora di meno, si condivide di più.

Il settimo giorno finisce tutto. Si è vissuto per una settimana con 30 sconosciuti, non ci si conosce ancora per niente, ma tutti hanno l'impressione di aver condiviso un'esperianza straordinaria che non dimenticheranno mai e ci si abbraccia, a volte si piange, a volte si ride.

E poi si torna a casa, c'è la paura dell'aereoplano, c'è l'areoporto, l'ansia della valigia che non arriva, e in macchina ci si addormenta, a casa si mangia troppo perchè i parenti credono che tu abbia patito la fame e poi si dorme fino al giorno dopo e poi la vita ricomincia e si iniziano già a dimenticare i volti e i nomi.

E questo è quanto.

Io sono al mio quinto giorno e Budapest mi sorride.