Fuori dalla mia stanza...beh, il mondo che mi appare da questa finestra ha qualcosa di dicotomico. Subito oltre la ringhiera appare il mio giardino, emblema della potenza della natura e del mio passato: quante cose accadute, quanti compleanni, quanti schiamazzi e grida e giochi e pensieri...quante solitudini al chiaro di luna, o sieste sull'amaca sotto il fico in mezzo a questa porzione del delicato equilibrio tra la natura e la mano dell'uomo, tra la fatica del sudore e la soddisfazione dell'integrarsi col grande ciclo di Gaia.
Oltre, al di là di quella striscia di terra che è di nostra proprietà, si estende il grande dirupo dell'altro residence, quello adiacente...beh, in effetti la parola dirupo è un po' esagerata: il complesso è semplicemente in posizione sottostante rispetto al nostro condominio, e ci separa un grande muro ricoperto interamente d'edera. Ma la parola dirupo calza quando si tratta di interiorizzare questo distacco: la grande altezza di questo muro, il contrasto tra l'aridità del cemento e la vitalità dell'erba, la precarietà di quella striscia di terra coltivata che è posta proprio sul ciglio di questo burrone...rappresenta la mia difficoltà ad integrarmi con questo quartiere, col mondo semplice e violento dei ragazzi di CIbali, che da sempre ho guardato da distanza e da sempre mi sono ritrovato a considerarli espressione di un mondo che non è mio.